Prendiamo ad esempio una barca

«Prendiamo ad esempio una barca», mi ha detto Ivan. «Attracca in un porto e le sostituiscono un pezzo rotto. Poi riparte, attracca in un altro porto e le sostituiscono un altro pezzo rotto, e così via… È sempre la stessa barca, alla fine?».
«Sì», ho risposto io.
«Perché?», mi ha chiesto Ivan.
«Dunque, se mi cambiano un braccio, poi una gamba, eccetera, sono sempre io», gli ho detto.
«È proprio qui che ti volevo», mi ha detto Ivan. «E se ti cambiano il cervello?».
«Ah, boh», ho detto.
«Bè, un trapianto di cervello non è mai stato fatto», ha detto Ivan. «Pensaci: sarebbe come togliere il cervello a Luca Tosi e metterlo in un altro corpo, poi aspettare che si svegli e vedere se Luca Tosi c’è ancora».
«A me sembra che Luca Tosi, dentro di me, sia ben radicato», gli ho detto. «E per come la vedo io, se spostano il mio cervello in un altro corpo, Luca Tosi dopo non c’è più».
«Eh, la scienza è la scienza», mi ha detto Ivan.

Un format con un sassofonista

Al bar ho ascoltato il colloquio di una coppia, maschio e femmina, con un dj specializzato nel mettere la musica ai matrimoni.
«Non pensate a un matrimonio tradizionalista coi balli di gruppo», gli diceva il dj. «Ho trent’anni, non sono attempato. Sono una persona che sa gestire i momenti, io, so parlare nel momento giusto. Metto su i brani giusti al momento giusto».
La ragazza diceva «Sì sì», il ragazzo stava zitto.
«Ho un’idea nuova per voi», spiegava il dj. «Una cosa che non si è mai vista ai matrimoni, è una novità assoluta. Ho creato un format con un sassofonista. È un plus. Se volete fare il matrimonio più figo del mondo, se mi dite vogliamo far emozionare, vogliamo far la differenza, alzare il livello, c’è questa possibilità».
«Sì sì!», diceva la ragazza. «Sì sì».
«Bisogna dare ai vostri invitati uno show», continuava il dj. «Voi ragionateci, non è che mi dovete dire subito. Senza il sassofonista sono settecentocinquanta euro, con il sassofonista sono mille».
A quel punto la ragazza ha detto solo un «Sì». Il ragazzo si è girato verso la vetrata del bar e ha detto «Fuori si è messo a piovere».

Mi avete stancato

Ultimamente, ogni volta che apro Instagram mi vien da pensare: che due maroni. Mi avete stancato. Chiudo Instagram e mi prometto che non ci guardo più, perché ogni volta mi fate due maroni più grossi dei maroni della volta precedente. Ma dopo una settimana o due, puntuale come caga un cavallo, ci ricasco.

Ma cosa diavolo è l’acqua?

Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “Ma cosa diavolo è l’acqua?”

dal Discorso per la cerimonia delle lauree al Kenyon college, 21 maggio 2005
di David Foster Wallace
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Sto pensando alla sua vita

Violante è indecisa se aggiungere un ragazzo su Facebook. Il ragazzo si chiama Nicola. Lei spia il suo profilo giorno e notte, da mesi. Adesso ha visto nuove foto in cui Nicola è triste, quindi Violante è felice. Io le dico: «Aggiungilo!». «Dopo», dice Violante.
Tutto richiede un impegno, una volontà. È questo che ci frega. Io ho le tasche piene d’inerzia, anziché di volontà. Voglio le cose a gratis, senza sporcarmi le mani. «L’hai aggiunto o no?», le ho chiesto. «No, ma sto pensando alla sua vita», mi ha risposto Violante.

Magnitudo quattro punto due

L’altro giorno c’è stato il terremoto. Fortissimo, mai sentito così bene. Ho guardato la finestra e c’era il filo elettrico che collega il mio condominio al condominio di fronte che oscillava. Spaventoso, eh. Ho pensato di uscire di casa. Sì sì, devo uscire, mi dicevo. Poi invece sono rimasto, ero in pigiama, voglia di vestirmi zero.
Dopo, i telegiornali hanno detto: «Terremoto con epicentro a Santarcangelo di Romagna, magnitudo quattro punto due». Avevo l’epicentro proprio sotto il culo! Per fortuna, non è successo niente. Tutto è di nuovo tranquillo.
La mattina dopo mi ha scritto Violante. «Vedi come mi sono preoccupata del terremoto a Santarcangelo? Ho continuato a stare nel letto e pensare che non fosse successo niente». «Ha funzionato, grazie», le ho risposto.

Lo mangio lo mangio lo mangio

Adesso mi mangio un gelato. Ah sì, mi va proprio. Un bel gelato, sì sì. No, stavolta non rimando, stavolta mi alzo, vado in cucina, apro il freezer, e oplà un bel gelato. È scritto: lo faccio. Me lo gusto piano, prima lo lascio sciogliere, con calma. Poi lo mangio. Lo mangio lo mangio lo mangio.
Mangiato.

La pista di pattinaggio

Poi sono andato a Riccione. Il viale Ceccarini era deserto e grigio, stava per fare buio ma i lampioni erano ancora spenti. C’era un accenno di nebbia. Cinque operai stendevano un telo di plastica bianco sopra delle assi di legno. Stavano montando la pista di pattinaggio. La fanno per il lungo, a Riccione, su viale Ceccarini. Tra gli operai, tutti col giacchetto giallo fosforescente e la berretta in testa, ce n’era uno che veniva all’asilo con me. Gli altri erano africani. Quando l’ho riconosciuto, mentre lavorava, ho avuto piacere.

Siamo questi

Guarda te come va a chiudersi questa giornata, ho pensato. Sono così, le mie giornate.
Anni fa, allo stadio, avevo visto l’allenatore del Cesena, Mr Pierpaolo Bisoli, recarsi sotto la curva per dare spiegazioni alla tifoseria. Eravamo ultimi in classifica e gli ultras erano indignati, infamavano i giocatori con fischi e cori tipo: «A lavorare, andate a lavorare, a lavorare… Andate a lavorare». Mr Bisoli era arrabbiato con loro, perché la tifoseria avrebbe dovuto sostenere i giocatori in ogni caso, non umiliarli. «Siamo questi!», urlava Bisoli. «Dobbiamo salvarci con questi, siamo questi!».
Ecco, sono queste le mie giornate. Devo vivere con queste, sono queste!