E io non sono così

Ed ecco, annuncio solennemente: fino alla fine dei miei giorni non intraprenderò più niente per non ripetere il mio triste tentativo di far carriera. Resterò in basso, e dal basso sputerò sulla vostra scala sociale. Sì. Per ogni gradino della scala, uno sputo. Per salire per quella scala, bisogna essere una faccia da culo senza paura e senza vergogna, bisogna essere dei pederasti forgiati in acciaio schietto dalla testa ai piedi. E io non sono così.

da Mosca – Petuškì, poema ferroviario
di Venedikt Erofeev
(Quodlibet Compagnia Extra, 2014)

La mia delicatezza

Mi nuoce molto la mia delicatezza, mi ha rovinato la giovinezza. L’infanzia e l’adolescenza… Anzi, non è la delicatezza, è il fatto che ho allargato a dismisura la sfera di quel che è intimo, e quante volte questa cosa mi ha rovinato…

da Mosca – Petuškì, poema ferroviario
di Venedikt Erofeev
(Quodlibet Compagnia Extra, 2014)

Dialogo

C’è questa nuova usanza, allo stadio di Cesena, i tifosi della curva si metton a sedere, poi si alzano tutti insieme e cantano, con le mani dritte verso quelli dei distinti: “Lollololollollollolò”, e quelli dei distinti si alzano in piedi e rispondono, con le mani dritte verso quelli della curva: “Lollololollollollolò”, poi quelli della curva ancora “Lollololollollollolò”, poi ancora i distinti “Lollololollollollolò”. È un dialogo, si capiscon bene tra di loro, i tifosi della curva e quelli dei distinti, è una lingua che la capiscon solo quelli che vanno a vedere il Cesena, come dire.

Perché sono tutti così maleducati?

Perché sono tutti così maleducati? Eh? E maleducati ostentatamente, maleducati proprio in quei momenti in cui non si può essere maleducati, quando una persona inciclonata ha tutti i nervi scoperti, quando è vigliacco e mite. Perché è così? Oh, se tutto il mondo, se tutti, al mondo, fossero come sono io adesso, mite e pavido, e se non fossero sicuri di niente, né di sé stessi, né della serietà del proprio posto al sole, come sarebbe bello! Nessun entusiasta, nessuna impresa, nessuna mania, una generale vigliaccheria. Accetterei di vivere per l’eternità, se mi mostrassero un angolino dove non è sempre il momento di fare delle imprese. «Una generale vigliaccheria», sì, ecco, questa è la salvezza da tutti i mali, questa è la panacea, questo è il predicato della massima perfezione!

da Mosca – Petuškì, poema ferroviario
di Venedikt Erofeev
(Quodlibet Compagnia Extra, 2014)

Burro d’arachidi

Violante alcuni giorni fa mi ha detto che lei mangia il burro d’arachidi. “Violante” e “burro d’arachidi” è un’associazione che io non avrei mai fatto, due cose così lontane, mi sembrano, invece no. Delle volte, due cose così lontane non sono poi così lontane, magari son vicine, quelle due cose.

Raramente, raramente

Niente, niente, – mi sono detto, – riparati dal vento e vai, pian pianino. E respira così, raramente, raramente. Respira in modo che i piedi non sfiorino le ginocchia. E non importa dove vai. Dove non è importante. Se vai a sinistra, arrivi alla stazione di Kursk, se vai a destra, arrivi lo stesso alla stazione di Kursk. Perciò vai a destra, che ci arrivi di sicuro.

da Mosca – Petuškì, poema ferroviario
di Venedikt Erofeev
(Quodlibet Compagnia Extra, 2014)

Delle cose

Ci son delle cose che quando finiscono dopo non rimane niente, non è vero che rimane sempre qualcosa, ci son delle cose che non rimane niente.

Wertheimer

Inoltre, a differenza di Wertheimer che assai volentieri sarebbe stato Glenn Gould, che avrebbe voluto essere Glenn Gould, io ho sempre voluto essere soltanto me stesso, Wertheimer invece è sempre stato uno di quelli che continuamente e per tutta la vita e riducendosi in uno stato di perenne disperazione vogliono essere qualcun altro, qualcuno che devono credere per forza più favorito dalla sorte di loro, pensai. Wertheimer sarebbe stato volentieri Glenn Gould, sarebbe stato volentieri Horowitz, e non è escluso che sarebbe stato volentieri anche Gustav Mahler o Alban Berg. Wertheimer non era capace di vedere se stesso come un essere unico al mondo, mentre in effetti è così che ciascuno di noi può e deve concedersi di vedere se stesso se non vuole cadere in balìa della disperazione, ogni essere umano, comunque sia fatto, è un essere unico al mondo, io stesso me lo dico di continuo e con questo son salvo.

da Il soccombente
di Thomas Bernhard
(Adelphi, 1985)

Sotto un ciliegio

Ci ho preso gusto.

I nomi delle strade

Le strade sono
tutte di Mazzini, di Garibaldi
sono dei papi
di quelli che scrivono,
quelli che dan dei comandi, che fanno la guerra.
E mai che ti capita di vedere
via di uno che faceva i cappelli
via di uno che stava sotto un ciliegio
via di uno che non ha fatto niente
perché andava a spasso
su una cavalla.
E pensare che il mondo
è fatto di gente come me
che mangia i radicchi
alla finestra
contenta di stare, d’estate
coi piedi nudi.

(ripeto, l’originale con la traduzione di Nino Pedretti si trova in
Al vòusi e altre poesie in dialetto romagnolo,
Einaudi, 2007)

Nel fienile

Oh per completezza, altrimenti mi rimane il tarlo, metto anche quella sulla resistenza, così chiudiamo il cerchio e torno sul mio romanzetto, che devo rileggere, rileggere io voglia sempre poca. La traduco anche questa.

I partigiani

Non è per via della gloria
se siamo andati in montagna
a fare la guerra.
Di guerra eravam stufi,
di patria anche.
Avevamo bisogno di dire:
lasciateci le mani libere,
i piedi, gli occhi, le orecchie;
lasciateci dormire nel fienile
con una ragazza.
Per questo abbiamo sparato
ci siam fatti impiccare
siamo andati al macello
piangendo nel cuore
e le labbra che tremavano.
Ma anche così sapevamo
che di fronte a un boia di un fascista,
noi eravamo gente
e loro delle marionette.

(anche in questo caso quella originale con la traduzione di Nino Pedretti si trova in
Al vòusi e altre poesie in dialetto romagnolo,
Einaudi, 2007)