Tutto al maschile

Non so come, l’antipatia per mia moglie cresceva e arrivò a un punto che non ne sopportavo la presenza. Però dovevo sopportarla. A lei per il momento non dissi niente, ma credo che se ne fosse accorta perché appena apriva bocca le dicevo stai zitta vecchia, oppure stai zitto vecchio, perché avevo preso l’abitudine di voltare tutto al maschile. Anche in negozio. Mi ricordo, dissi a un cliente che i francobolli non andavano attaccati sull’album con il collo. Volevo dire con la colla. Mi ero ridotto poco alla volta in cattivo stato e il medico dal quale andai a farmi visitare mi disse basta che si riposi un po’.

da Il serpente
di Luigi Malerba
(Mondadori, 1989)

Orologini

Ci sono ancora certe ragazze che hanno quegli orologini da polso, col quadrante tondo, piccolo, che mi sono sempre piaciuti, solo che gli orologini così sono solo da donna, e io non ne ho mai potuto avere uno. Comunque, “quadrante tondo”, che parole.

Lucina

Anche stamattina, appena ho aperto il computer l’ho attaccato al caricabatterie, e il primo pensiero è stato “Speriamo che si accenda la lucina”. E anche stamattina la lucina si è accesa.

Rituale

Sto correggendo un libro esoterico che parla di Bhagavad Gita, yoga, soldi, amore e abbondanza. Verso la fine ci sono i rituali. Mi sento in dovere di condividerne uno, se a qualcuno può venire utile. Non me ne voglia l’autore.

Rituale con candele e acqua.
Per questo rituale occorre preparare due bicchieri vuoti, tre candele e una banconota il più grande possibile. Le candele vanno posizionate in modo da formare un triangolo e la banconota di denaro va inserita nel mezzo, ma prima devi scrivere su di essa il tuo desiderio. Il desiderio deve essere espresso al tempo passato: “Io ho comprato la casa dei miei sogni, io ho saldato il mutuo della casa, io ho comprato la macchina…” Dopo aver scritto il desiderio posiziona la banconota al centro delle candele e sopra metti un bicchiere d’acqua e lascialo lì per 5-10 minuti, fino a quando l’acqua si carica del tuo desiderio. Questa procedura va ripetuta tre volte. Alla terza volta, dopo aver caricato l’acqua con il tuo desiderio, puoi berla tutta. Terrai con te la banconota con la scritta del tuo desiderio fino a quando non si avvererà.

Mi diverto un mondo e mezzo

Alcuni di noi furono dei suoi personaggi. Lui se ne liberò lasciando questa città; però li perse, e fu una delle sue innumerevoli perdite. Lei sa che ci si libera dei personaggi solo attraverso il racconto, e forse neanche. Con noi aveva fatto una cosa diversa, e invecchiando potemmo riconoscerci: non descritti in una pagina, come sarebbe stato normale, ma messi in movimento da lui. Trovava sempre il punto da cui dare progressione alle situazioni, o alle persone. Forse per questo non è mai più tornato, o è tornato di nascosto, e comunque non l’abbiamo più visto. La gente che scriveva, qui, lo ascoltava parecchio, ma lui si interessava soprattutto a noi, perché alla fine si è sempre annoiato delle persone che scrivevano, come se da loro si aspettasse di più, su un altro piano. Forse era deluso che ad un poeta non corrispondesse un brav’uomo. Lui diceva: «Un tizio vive e fa bei versi. Ma se un tizio non vive per fare bei versi, come sono brutti i versi del tizio che non vive per fare bei versi». Forse per questo spariva. È sempre sparito. Con le donne si comportava da amico non da amante. L’amico si mette fuori della competizione e conserva senza mai sciuparle tutte le possibilità, anzi le deposita all’inizio come garanzia, e la sua seduzione è lenta e salda. Un amico come lui, poi! Le parlo di come si comportava con le donne perché è la cosa che più somiglia a come si comportava con lo scrivere. Tutto si svolgeva attorno e a fianco, anche se credo che per lui tutto fosse dolorosamente centrale. Forse lei preferirebbe che si fosse trattato di un singolare ipogeo nella parabola dello scrivere, o vorrebbe trovare immagini del cerchio, del centro, della circonferenza, o dei pieni e dei vuoti. Ma per lui tutto doveva servire a saper vivere: troppo essenzialmente, troppo autenticamente e troppo direttamente perché potesse anche scrivere. Aveva imparato a scrivere a macchina battendo ogni giorno parecchi fogli. Credo che cercasse un lavoro. Poi conservò le pagine e le chiamò «La lotta con la macchina da scrivere». Cercava di scrivere veloce, di scrivere e basta; scriveva tutto quello che gli veniva in mente, l’importante era riempire i fogli: era ironico, e molto sentimentale. Scrisse anche «mi diverto un mondo e mezzo» o «la mia celebre mania di interessarmi delle cose degli altri per mancanza di mia vita». Avrà avuto una ventina d’anni o poco più, ma si vede già che sarebbe stato un amico dello scrivere, e non uno che scrive. Essere amici dello scrivere è complementare allo scrivere solo per gli amici. Quante lettere! Lo scrittore di lettere non si mette a repentaglio nella forma, dato che la forma della lettera non è in quello che c’è scritto, ma in una relazione di vita. È l’unico scrittore che si è guadagnato il suo lettore, probabilmente con non meno fatica, anche se su un altro piano. Scriveva poesie come regali per le sue amiche; era come se prendesse la forma per gioco, dato che è indubbio che la conoscesse. È strano, uno che poi avrebbe scritto un libro incompiuto sul grande viaggio, uno ironico come lui, era talmente austero da non prendere sul serio, o con una leggerezza diversa, la peripezia della forma. Forse si può decidere di scrivere soltanto note in fondo, ma il rischio è sempre sulla pagina. Alcuni di noi erano dei suoi personaggi, e lui ci ha cambiati, sebbene qualcuno può pensare che nel proprio caso non fosse del tutto necessario. Magari anche lui sarà cambiato, col tempo. Ci ha lasciati come una cosa vecchia e insopportabile. Credo che sia il disagio di chi si rinnova continuamente, per strappi; il passato gli appare come una pelle secca, vuota di sé, inammissibile. In questo senso è stato un errante, anche se non saprei dirle se fosse qui l’errore che quel capitano si chiedeva sempre dove fosse.

da Lo stadio di Wimbledon
di Daniele Del Giudice
(Einaudi, 1983)