Non si può più
Sono due settimane, ormai, che mi dico: non si può più, andare in bici senza guanti, oggi li vado a comprare. Non sono ancora andato.
– Ma c’è proprio bisogno di dire tante parolacce?
Sono due settimane, ormai, che mi dico: non si può più, andare in bici senza guanti, oggi li vado a comprare. Non sono ancora andato.
Mi conoscono tutti, io sono
GIUSEPPE DETTO GIUSEPPE,
faccio il commerciante di mestiere, compro piombo zinco rame ottone, pago le tasse, il mio nome sta anche sull’elenco del telefono di Albano. Compro anche bottiglie usate stracci e carta straccia. Si dice carta straccia tanto per dire, spesso la carta straccia sono libri e giornali.
da Salto mortale
di Luigi Malerba
(Mondadori, 1968)
Son stato a vedere È stata la mano di Dio, oggi, per la seconda volta, e intorno a metà film il ragazzo alla mia sinistra ha cominciato a singhiozzare, che tremava lo schienale del mio seggiolino, da quanto singhiozzava, e secondo me anche gli schienali di tutta la fila, e insomma un momento dopo, mi avrà contagiato, ho cominciato a singhiozzare anch’io, e poi anche la signora alla mia destra, che suo marito le ha detto: «Non piangi mai, piangi oggi?».
Provateci voi, a fare gli scrittori. Voi che fate i bancari. Voi infermieri. Voi, che fate gli avvocati, i commessi, i fonici, i salumieri, i parrucchieri, gli ingegneri, gli idraulici, le estetiste. Voi che insegnate, che ramazzate nelle università, o che cazzo ne so, nei parlamenti, nelle corti. Voi che avete il dottorato, che come diceva Šklovskij, per i dottorandi esistono le cattedre universitarie, come per i baccalà esistono gli essiccatoi. Provateci. Dopo me lo venite a dire.
Stamattina, il primo pensiero che ho avuto è stato: oggi è giovedì, c’è X Factor stasera, userò tutti i miei voti per Nika Paris. E l’ho tenuto con me tutto il giorno, il pensiero. Devo dire che mi ha aiutato, un po’.
Non so bene come spiegare. In pratica ero in terrazzo, poco fa, e di sera, dal mio terrazzo, tutte le sere, guardando avanti si vede, non so perché ma è così, dico, si vede riflessa, se hanno la luce accesa, una finestra dell’appartamento di due piani sopra, rispetto al mio, contro il palazzo di fronte. Non so se si è capito. Stasera, nel riflesso di quella finestra contro il palazzo di fronte, si vedevano le ombre di due ragazzi, un maschio e una femmina, che si baciavano, poi si mollavano, poi si baciavano ancora. Io lì avrei voluto chiamar gente, dire, venite a vedere che cosa bella questa proiezione, che cosa inspiegabile che succede, stupefacente, ma erano le undici e mezza, buio, freddo, un gran silenzio, ero da solo. Sugli altri terrazzi di tutti i palazzi attorno non c’era mica nessuno. È stato uno spettacolo, mi vien da dire, che è esistito solo per me.
Ci sono dei giorni che mi chiedo: ma gli altri, ma com’è che fanno? Qual è il trucco?
Oggi è uno di quei giorni.
Dato che una cosa che mi piace fare è, dopo che ho mangiato il gelato, bere l’acqua, stasera ho avuto l’idea, premetto che il gelato io lo mangio nel bicchiere, dicevo, ho avuto l’idea di riempire d’acqua il bicchiere sporco di gelato, alla fine, e bere. Ho subito avuto l’impressione di aver fatto una scoperta sensazionale. Però un po’ mi vergogno, anche.
Io adesso devo esser bravo, mi son detto prima sul treno. Io adesso c’è un mese da qui a Natale, se son bravo cavo fuori un bel lavoro. Io adesso questo mese lavoro bene con calma, se son bravo. Io adesso vediamo, non lo so.
PPS. Mi sento così sciocca e ignorante quando ti scrivo. Perché? Ti autorizzo ad analizzare il fenomeno. Però, domenica prossima cerchiamo semplicemente di divertirci. Cioè, per una volta sola, se possibile, vediamo di non analizzare tutto fino alla pazzia, nemmeno me. Ti voglio bene.
da Franny e Zooey
di J.D. Salinger
(Einaudi, 1961)
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