Per chi è indifferente alla notorietà

Io ringraziare desidero per le facce del mondo
che sono varie e molte sono adorabili
per quando la notte
si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati
per l’attenzione
che è la preghiera spontanea dell’anima
per tutte le biblioteche del mondo
per quello stare bene fra altri che leggono
per i nostri maestri immensi
per chi nei secoli ha ragionato in noi

per il bene dell’amicizia
quando si dicono cose stupide e care
per tutti i baci d’amore
per l’amore che rende impavidi
per la contentezza, l’entusiasmo, l’ebbrezza
per i morti nostri
che fanno della morte un luogo abitato.

Ringraziare desidero
perché su questa terra esiste la musica
per la mano destra e la mano sinistra
e il loro intimo accordo
per chi è indifferente alla notorietà
per i cani, per i gatti
esseri fraterni carichi di mistero
per i fiori
e la segreta vittoria che celebrano
per il silenzio e i suoi molti doni
per il silenzio che forse è la lezione più grande
per il sole, nostro antenato.

da Le giovani parole
di Mariangela Gualtieri
[Einaudi, 2015]
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I piedi

Che non ci sono state neanche delle grosse litigate, ci sono di quelli che fanno delle litigate che viene giù il soffitto, sì, naturalmente, qualche litigata l’abbiamo fatta anche noi, le litigate in fondo sono il sale della vita, che dopo la litigata c’è la pace, e quella è una cosa, a letto, che ci siamo coricati tutt’e due ingrugnati, con la faccia al muro, ci voltiamo il culo, abbiamo spento la luce, fermi, lì, sulla sponda, ma però ci sono i piedi, che i piedi, detto così, i piedi, dai, non sono una gran cosa, una volta addirittura non li nominavano neanche, che non era educazione, e invece delle volte i piedi, eh, i piedi sono leggeri come piume, sono i petali di un fiore, che sono dei paroloni, sono parole che fanno ridere, lo so, però non è un’esagerazione, perché quello è un momento, che prima vi siete detti delle cose anche cattive, e adesso ci ripensate, ognuno per conto suo, da solo, e tu non ce la fai a stare da solo, non ti addormenti, e neanche lei, ma non sapete come cominciare, e cominciano i piedi, si toccano, così, per caso, anzi no, non si toccano ancora, si sfiorano, si esprimono, anche se non parlano, che non parlano, però, come si può dire? Ecco, sì, sussurrano, c’è questo silenzio, e c’è questo sussurro, e poi si sentono, tu sei freddo, lei è calda, tu ti giri, piano, allunghi una mano, delicatamente, gliela tieni sulla spalla, anche tu senza parlare, la tieni lì, lei fa finta di dormire, ma non dorme neanche lei, e a un certo momento, piano piano, si gira, e vi avvicinate, sempre senza dire niente, al buio, sempre più vicini, e poi attaccati, attaccati, attaccati, e tu con le mani la senti tutta, la disegni, com’è fatta, è fatta che è quasi un miracolo, e tu sei dentro quel miracolo, ed è una cosa che, no, niente, certe cose bisogna provarle.

da La fondazione
di Raffaello Baldini

Una gran palla

Tutto il resto era un gran rottura, una gran palla. E non succedeva mai niente di interessante, niente. La gente era limitata e diffidente, tutta uguale. E io devo vivere con queste teste di cazzo per il resto della mia vita, pensavo. Dio mio, ce l’avevano tutti il buco del culo, e il sesso, e la bocca e le ascelle. Cacavano, chiacchieravano, ed erano tutti scemi come biglie. Le ragazze sembravano carine, da lontano, col sole che brillava nei vestiti, nei capelli. Ma bastava avvicinarsi e ascoltare l’anima che usciva dalla loro bocca, e veniva voglia di scavarsi un buco e seppellircisi dentro con una mitraglia. Di certo non sarei mai stato felice, non sarei mai riuscito a sposarmi, a fare dei figli. Cazzo, non riuscivo nemmeno a trovar lavoro come lavapiatti.

da Panino al prosciutto
di Charles Bukowski

Stivali di occhi neri

Le ragazze, quelle che camminano,
con stivali di occhi neri
sui fiori del mio cuore.
Le ragazze, che hanno abbassato le lance
sul lago delle proprie ciglia.
Le ragazze, che si lavano i piedi
nel lago delle mie parole.

Velimir Chlebnikov
da 47 poesie facili e una difficile

La tua lettera

Caro Nikandr Andreevič,
ho ricevuto la tua lettera e ho capito subito che era tua. All’inizio avevo pensato che magari non fosse tua, ma quando l’ho aperta ho capito subito che era tua, mentre prima avevo pensato che magari non fosse tua. Sono contento che è già un po’ che ti sei sposato, perché quando uno si sposa con quella con cui si voleva sposare, vuol dire che ha ottenuto quello che voleva. Per questo sono molto contento che ti sei sposato, perché quando uno si sposa con quella che voleva, vuol dire che ha ottenuto quello che voleva. Ieri ho ricevuto la tua lettera e ho pensato subito che era tua, poi ho pensato che sembrava che non fosse tua, l’ho aperta, ho guardato, era proprio tua. Hai fatto proprio bene a scrivermi. Prima non mi scrivevi, poi tutto d’un tratto mi hai scritto, anche se anche prima, prima di non scrivermi per un po’, tu m’avevi scritto. Subito, appena ho ricevuto la tua lettera, ho deciso subito che era tua, e poi sono molto contento che ti sei già sposato. Perché se uno ha voglia di sposarsi, bisogna che si sposi e basta. Per questo sono molto contento che tu, alla fine, ti sei sposato proprio con quella con cui ti volevi sposare. E hai fatto proprio bene a scrivermi. Sono stato molto contento quando ho visto la tua lettera, e ho perfino pensato subito che era tua. A dir la verità, mentre l’aprivo, ho pensato che magari non fosse tua, ma poi ho deciso che era tua in ogni caso. Te ne ringrazio molto e sono molto contento per te. Tu, forse, non sai spiegarti perché sono così contento per te, te lo dico subito, sono contento per te perché ti sei sposato, e proprio con quella con cui ti volevi sposare. E è proprio bene, sai, sposarsi proprio con quella con cui ci si vuole sposare, perché così si ottiene quello che si vuole. Ecco perché sono così contento per te. E sono contento anche che mi hai scritto una lettera. Fin da subito avevo deciso che la lettera doveva essere tua, l’ho presa in mano e ho pensato: e se per caso non è tua? Poi ho pensato: ma no, certo che è tua. Apro la lettera e intanto penso: è tua o non è tua? È tua o non è tua? Bè, come l’ho aperta, l’ho visto subito, che era tua. Sono stato molto contento e ho deciso di scriverti anch’io una lettera. Ho molte cose da raccontarti, ma non ho proprio tempo. Quello che ho potuto, te l’ho scritto in questa lettera, il resto te lo scriverò un’altra volta, adesso non ho più tempo. Intanto, è un bene che mi hai scritto una lettera. Adesso so che è già un po’ che ti sei sposato. Anche dalle lettere precedenti, sapevo che ti eri sposato, e adesso lo vedo ancora: è proprio vero, ti sei sposato. E sono molto contento che ti sei sposato e che mi hai scritto una lettera. Subito, appena ho visto la tua lettera, ho deciso che ti eri sposato un’altra volta. Bè, ho pensato, è un bene, che ti sei sposato un’altra volta e che me l’hai scritto in una lettera. Scrivimi adesso com’è la tua nuova moglie e come sono andate le cose. Salutami la tua nuova moglie.

Daniil Charms
25 settembre e ottobre 1933
da Disastri

Un uomo alla volta

Mostratemi un uomo che abita solo e ha la cucina perpetuamente sporca, e 5 volte su 9, vi mostrerò un uomo eccezionale. Mostratemi un uomo che abita solo e ha la cucina perpetuamente pulita, 8 volte su 9, vi mostrerò un uomo detestabile sul piano spirituale. Spesso lo stato della cucina riflette lo stato della mente. Gli uomini confusi e insicuri, d’indole remissiva, sono dei pensatori. Le loro cucine sono come le loro menti, ingombre di rifiuti, stoviglie sporche, impurità, ma essi sono coscienti del loro stato mentale e ne vedono il lato umoristico. A volte, presi da uno slancio focoso, essi sfidano le eterne deità e si danno a metter ordine nel caos, cosa che a volte chiamano “creazione”; così pure a volte, mezzi sbronzi, si danno a pulire la cucina. Ma ben presto tutto torna nel disordine e loro a brancolare nelle tenebre, bisognosi di pillole e preghiere, di sesso, di fortuna e salvazione. L’uomo con la cucina sempre in ordine è, invece, un maniaco. Diffidatene. Lo stato della sua cucina e quello della sua mente coincidono: costui, così preciso e ordinato, si è in realtà lasciato condizionare dalla vita e la sua mania per l’ordine, dentro e fuori, è solo un avvilente compromesso, un complesso difensivo e consolatorio. Basta che lo ascolti per dieci minuti e capisci che lui, in vita sua, non dirà mai altro che cose insensate e noiose. È un uomo di cemento. Vi sono più uomini di cemento, al mondo, che altri. Sicché: se cerchi un uomo vivo, da’ un’occhiata alla sua cucina, prima, e ti risparmierai un sacco di tempo.
Ora, la donna con la cucina sporca è un’altra questione, dal punto di vista maschile. Se non lavora altrove e non ha figli, la pulizia o la sporcizia della sua cucina sono quasi sempre (con qualche eccezione) in proporzione diretta all’affetto che nutre per te. Alcune donne hanno teorie su come salvare il mondo ma non sono buone a lavare una tazzina da caffè. Se glielo fai osservare ti rispondono: “Lavare tazzine non è importante”. Purtroppo lo è. Specie per un uomo che ha lavorato per otto ore filate, magari per dieci, con lo straordinario, a una fresa o a un tornio. S’incomincia a salvare il mondo salvando un uomo alla volta. Tutto il resto è magniloquenza romantica o politica.

da Troppo sensibile
di Charles Bukowski

L’hai detto

Barcolliamo fuori dal cinema e decidiamo che popcorn, Coca e caramelle non erano abbastanza. Attraversiamo la strada diretti in pasticceria, dove compriamo una scatola di biscotti. Perry li prende ricoperti di cioccolata, io con gli zuccherini colorati. Mangiamo i biscotti al bancone e parliamo. Senza dubbio Perry è bravo a parlare. Sembra un avvocato dinanzi alla corte suprema. Poi, interrompendo una frase di quindici minuti, si rivolge al tipo dietro al bancone e gli domanda:
«Questo posto è aperto ventiquattr’ore al giorno?».
«Sì», risponde quello.
«Sette giorni alla settimana?».
«Esatto».
«Trecentosessantacinque giorni all’anno?».
«Proprio così».
«Allora perché ci sono delle serrature sulla porta?».
Ci giriamo tutti a guardare. Che domanda acuta! Inizio a ridere così forte che devo sputare il biscotto. Gli zuccherini mi cadono dalla bocca come coriandoli. Potrebbe essere la cosa più buffa, più intelligente che sia mai stata detta. Sicuramente la cosa più buffa e più intelligente che sia mai stata detta in questa particolare pasticceria. Perfino il tipo dei biscotti è costretto a sorridere e ad ammettere: «Ragazzo, è davvero un mistero».
«La vita non è forse così?», dice Perry. «Piena di serrature assurde e altre cose inspiegabili?».
L’hai detto.

da Open, la mia storia
di Andre Agassi

L’occhiata e Schifiltoso

L’occhiata

Il signor Leo va quasi tutti i giorni a trovare Velio Betti in bottega. Se il tempo è buono si mette a sedere sulla porta, tiene le mani incrociate sul bastone, fa due chiacchiere o sta zitto. Per il sole ha gli occhiali neri e certe volte si porta dietro il giornale. Va lì per stare un po’ in compagnia, lui e il babbo di Velio da giovani erano amici, e anche perché a Velio quattro anni fa ha prestato dodici milioni per comprare i muri. Ma non è che gli stia addosso, che dica niente. Viene a dare un’occhiata.

Schifiltoso

Uno così schifiltoso non l’ho mai visto. Tutto il giorno era dietro a lavarsi le mani. Teneva il manico della tazza del caffè verso l’alto, dritto al naso, beveva dove non beveva nessuno. D’estate l’aranciata la prendeva sempre con la cannuccia. E anche nelle baldorie guai a sbagliare bicchiere, aveva schifo di tutti, un ultimo dell’anno, che gli era caduto per terra il cucchiaino, ha lasciato lì a metà la zuppa inglese. Non stringeva la mano a nessuno, con la gente stava sempre un po’ lontano, e quando qualcuno si riscaldava nel parlare e gli veniva troppo vicino, e per di più magari sputacchiava un po’, lui si strisciava una mano sulla faccia, come non volendo, come se si grattasse la barba, e poi invece la mano se la fermava aperta sotto il naso, contro la bocca. Che mettersi a sedere su una sedia calda da cui s’era appena alzato qualcuno preferiva piuttosto stare in piedi. Quando viaggiava in treno non toccava mai niente, e nello scendere si prendeva alla maniglia con due dita. Ogni tanto si faceva rapare a zero per rinforzare i capelli, ma anche perché i capelli erano un ricetto di polvere, di porcheria, di microbi. Aveva sempre paura delle infezioni, di prendere le malattie, che gliele attaccassero. Nominava spesso la Tina di Zioli che da ragazza nel grattarsi un foruncolo con le mani sporche s’era fatta venire il sangue e tre giorno dopo aveva quaranta di febbre e non c’è stato niente da fare. A un cane non ha mai fatto una carezza, nello spaccio non l’hanno mai visto leccare un francobollo. Era sempre pulito, anche un po’ profumato, perché il profumo in fondo disinfetta.
E col tempo poi la gente ha capito, non gli stavano vicino, il barbiere aveva un rasoio solo per lui, non gli domandavano in prestito nemmeno il giornale. Ma non è bastato. È morto tisico a trent’anni.

da La náiva Furistír Ciacri
di Raffaello Baldini

Il passato e il futuro

“Quando consideriamo qual è il fine principale dell’uomo, per usare un’espressione del catechismo, e quali sono le vere necessità e ricchezze della vita, ci sembra che gli uomini abbiano scelto il modo di vivere attuale perché lo preferivano a qualunque altro. Pensano onestamente che non gli sia stata concessa alcuna scelta. Ma le nature attente e in salute rammentano che il sole sorse limpido. Non è mai troppo tardi per liberarsi dai pregiudizi. Non ci si può fidare di nessun modo di fare o di pensare, per quanto consueto, senza averne prima sperimentata la verità.
In realtà i vecchi non hanno consigli importanti da dare ai giovani, poiché la loro esperienza è stata parziale e la loro vita un triste fallimento, non certo per colpa loro, o almeno così sono costretti a credere.
Ho vissuto circa trent’anni su questo pianeta, eppure devo ancora sentire la prima sillaba di un consiglio prezioso o almeno sincero in bocca a qualcuno più vecchio di me. La vita è un esperimento che in gran parte non ho ancora provato, e il fatto che i vecchi lo abbiano fatto non mi è di alcun giovamento. Se posseggo un po’ di esperienza che stimo preziosa, sono certo che i miei mentori non ne hanno mai parlato.
La natura e la vita umana sono varie quanto i nostri modi d’essere. Chi può dire cosa offre la vita agli altri? C’è un miracolo più grande del riuscire a guardarci l’un l’altro negli occhi per un istante? Dovremmo vivere tutti i secoli del mondo in un’ora, anzi, vivere insieme tutti i mondi lungo i secoli. Storia, Poesia, Mitologia! Non conosco nessuno studio dell’esperienza altrui altrettanto istruttivo e sconvolgente.
Sono convinto che la maggior parte di ciò che gli uomini reputano buono è cattiva; e se mi pento di qualcosa, molto probabilmente mi pento delle mie buone maniere.
Io credo che potremmo avere molta più fiducia di quanta ne abbiamo. E potremmo liberarci dall’apprensione per noi stessi se ci donassimo sinceramente ad altro.
La continua ansia, la tensione di alcuni di noi è quasi una forma incurabile di malattia. Tendiamo a esagerare l’importanza del lavoro che compiamo, eppure quanto di questo non è opera nostra! Cosa succederebbe se ci ammalassimo? Come siamo vigili!
Confucio disse: «Sapere che sappiamo quel che sappiamo e che non sappiamo ciò che non sappiamo è il vero sapere.»”

Henry David Thoreau
Walden ovvero Vita nei boschi