I fascisti

Io penso che due cose, su questo governo, bisogna anche dirle. È che mi sento mosso da dentro, come si dice… Mi sento mosso? Si dice così? A me non me ne viene niente di difendere il governo nuovo, anzi, è un attimo che uno mette il naso qui dentro e zac, dopo non mi parlano più. Però non è possibile. Lasciateli campare. Hanno vinto le elezioni, e chi vince le elezioni governa, io la sapevo così. Uno vince e decide. Quando fai pari o dispari e vinci, decidi te, non decide l’altro. Se perdi tocca che stai zitto e ti adegui, hai perso…
Ma c’è Repubblica che fa dei titoli, ma dei titoli… Io mi chiedo, ma cosa c’avete sotto la pelle, i pomodorini marci? Questa “lotta” al fascismo… Dove sarebbero i fascisti? Ci sono quelli di Forza Nuova, o Casapound, non lo so, ma hanno preso lo 0,8% alle elezioni. Zero virgola otto. Siamo in tanti, in Italia, ma tanti; i fascisti sono lo zero virgola otto, dati alla mano. Non è che siete voi, di Repubblica, che vibrate di fascismo? Non lo so, la butto lì.
Mi guardo parecchio in giro, ultimamente. Ho chiesto, l’altro giorno, per curiosità, al barista che ho sotto casa:
«Te li hai visti i fascisti?».
Lui mi ha detto:
«Chi?».
«I fascisti», gli ho detto. «Te li vedi?».
Magari non sono umani, ho pensato, che è uscita su un giornale di Cuneo la notizia che due caccia militari hanno inseguito un ufo. L’hanno visto tutti, a Cuneo, tutti, ci sono cento testimonianze, han visto ‘sti due caccia che correvano dietro a un’astronave. Eppure il comunicato ufficiale dice che i caccia non erano due, ma uno, e che quel caccia stava facendo un giretto di prova. Non è che i due caccia davano la caccia ai fascisti? Forse volano, i fascisti. Forse è così.
Adesso a Bologna è tutta una biciclettata contro questo e quell’altro, manifestazioni, robe, non li sfango. L’altro giorno ho sentito uno che diceva che Bologna è diventata come nel medioevo, e aveva ragione, chiusa, imbruttita, la gente si è rincoglionita a star lì dentro, tra le mura, ti spegni, sono tutti simili e fanno tutti le stesse cose, dicono le stesse cose, gli piacciono le stesse cose. E si sentono piaciuti, anche, tra loro… Basta, bisogna aver la forza di uscire, andare a vedere il mondo fuori, come nel medioevo, scappare dalle mura e andar via.
Studiare, leggere, i libri, i giornali, sapere, voler capire tutto, che sega. Io non voglio più capire niente, voglio solo sentire, tornare a sentire…
Un po’ di tempo fa ho conosciuto dei ragazzi, che l’hanno fatta questa cosa, si son rotti i coglioni, hanno preso su e via, sono andati a stare fuori, aria al cazzo. Uno si chiama Tegu, l’altro Marco.
Tegu fa il batterista, è super, suona di brutto, sta a Senigallia, abita con sua nonna, mi ha detto, perché certe cose non le trova in giro, e vuole godersi sua nonna finché c’è, perché poi, quando non ci sarà più, con lei se ne andrà un patrimonio che non può ritrovare da nessuna parte. Bologna resterà uguale, sempre, i giovani, le mostre, i festival, tutte minchiate, e può tornarci quando vuole, a Bologna, anche fra dieci anni. Non ti perdi niente, puoi sempre tornarci, invece in provincia no, lì le robe cambiano, e tra dieci anni la nonna di Tegu non ci sarà più, quindi vuole stare con lei, lui, ascoltarla, sentire com’erano le persone una volta, nei loro cuori.
Marco invece è uno come me, che ha studiato economia, scrive le tesi per gli altri, a differenza di me ha perso i capelli, io ancora no, e scrive bene, Marco, è bravo, adesso ha scritto un libro che fra un po’ esce, e insomma lui dopo l’università ha bighellonato in giro, e adesso lavora in un bar, ad Asolo, lassù nel Veneto, e poi lavora anche la terra, dice che gli piace, e intanto scrive.
Una sera siamo andati al mare, al Conero, io e lui, con altri, e non c’era nessuno a parte noi, avevamo il vino, il pane e l’olio da farci due bruschette, erano le sei di sera, c’era ancora luce, era un po’ freddo, e abbiamo iniziato a parlare, parlare di noi, delle nostre vite, di quello che scriviamo. E si è fatto buio, non c’era più anima viva, niente, solo noi, erano le due di notte, il mare che faceva un po’ rumore con le onde, e le stelle, bellissime… E non so come, ma a un certo punto siamo arrivati a parlare di quello che vogliamo davvero, se c’è, se esiste qualcosa che vogliamo davvero…
«Te cosa vorresti davvero?», mi ha chiesto Marco. «Io vorrei che la mia ragazza fosse qui, a sentire questi discorsi che facciamo».
Era tutto buio, vedevo solo la sagoma della sua faccia, nera, e dietro le stelle, e mi è venuto da piangere, quando l’ha detto. L’ha detto con una sincerità, che a Bologna non l’ho sentita dalla bocca di nessuno, una sincerità così, e per fortuna che era buio, avevo gli occhi in piena, lui non mi ha visto.
Io cosa voglio davvero?
Già comincia a far caldo, giocano il Mondiale e l’Italia non c’è, questo sì che è un problema, non i fantasmi dei fascisti. Io attacco le macchinette antizanzare alle prese elettriche, e invece di Repubblica, magari, meglio qualche bacio, la sera, una carezza, e chiacchierare un po’, parlare di sé, delle cose che non si sanno, quelle belle, da indagare in due…
A me sembra che l’intimità sia scomparsa. Si è estinta, non la si vive più. Su Repubblica, però, non dicono niente dell’intimità. L’informazione, i media, che sanno tutto loro, che vogliono spiegarti le cose, e dirti chi sei, se sei fascista o no, dell’intimità niente… Fanno una tragedia di tutto, dell’Italia, invece a me sembra che in Italia stiano succedendo un sacco di cose, è bello, c’è movimento, ci sono dei ragazzi che prendono e tornano nei loro posti, insomma, sarà Bologna una tragedia, non l’Italia…
Chiudiamo così: io penso che arrivare a sapere lo 0,8% di sé stessi, altroché il fascismo percepito, qui, io percepisco solo un individualismo spinto, in tutti: contenti loro; ma dico sul serio, arrivare a sapere anche lo 0,6% o lo 0,5% di sé stessi, davvero, è tantissimo. E sarebbe già una grande libertà.