Inventario

In libreria, giorno d’inventario. Abbiam lavorato tutto il giorno, dalle otto di mattina alle sette di sera, solo mezz’ora di pausa. Ad aiutarci son venute due donne della Feltrinelli di Pescara. Dovevamo catalogare ogni libro, disco, tutto, della libreria, uno per uno. Leggere il codice a barre con un lettore che sparava una luce rossa, bip. Non si poteva nemmeno tenere la radio accesa, per sentire i bip. Tutto il giorno, bip. C’era Elena che visto che non mi conosce mi faceva le domande, cosa faccio, se ho la morosa, queste cose qui. Io son restio, parlar di me mi riesce male, divento una bambolina che sorride. Le ho detto giusto qualcosa, non tutto. «Hai vissuto molte vite», mi ha detto Elena, anche se le avevo detto giusto qualcosa, non tutto. Lei ha trentaquattro anni e un figlio, è del segno dell’acquario e fa un corso di scrittura da un giornalista che adesso il nome non me lo ricordo. Che questo giornalista, al corso di scrittura, mi ha detto Elena, le ha detto che è “stranina”, lei, Elena. In effetti lo è, Elena, anche secondo me, “stranina”. Parla che non si capisce bene e si veste come una che è in ritardo per la palestra. Poi fa molte domande. Poi fa delle cose che non c’è bisogno di fare, come aggiustare un cassetto che era in piano e che dopo, da quando Elena ci ha messo le mani, adesso traballa. Però adesso che ho capito com’è, Elena, son contento, perché prima ero in soggezione, almeno adesso lo sono di meno, in soggezione. Per il resto, tutto a posto.