La brevità del testo

Succede che l’altra mattina, erano le sei e venti, ho sentito Haoran che mi chiamava dal terrazzo, «Luca! Luca!» Io ero sul divano, dormivo, però la sua voce mi era entrata nel sonno, diceva: «Luca ciao, vado Cina io». Dopo, mi era presa una botta di sconforto, enorme, per non essermi alzato a salutarlo; sarebbe stato via per un mese e più, come tutte le estati. Invece quand’ero tornato a casa, la sera, Haoran era sul suo terrazzo, mangiava un cornetto. Gli ho chiesto: «Ma non sei andato in Cina?». «Mi sono sbaiato. Sono andato Milano». Poi succede che mi ha scritto la direzione editoriale di Mondadori: «Gentile Luca Tosi, abbiamo ricevuto e letto con interesse il suo romanzo, che ci ha favorevolmente impressionato. In modo particolare il tono e il ritmo della scrittura ci sono sembrati appropriati alla quotidianità della storia raccontata. Purtroppo però i nostri programmi editoriali e, soprattutto, la brevità del testo non ci consentono al momento di prenderlo in considerazione per una eventuale pubblicazione. Rimaniamo però disponibili, per il futuro, a leggere gli altri suoi lavori, magari più strutturati e articolati, che vorrà sottoporci.» La brevità del testo, ho pensato, ve’ cosa mi scrivono: io lo sapevo che con un racconto lungo, o un romanzo breve, quello che è, non si va da nessuna parte. Poi succede che niente, lavoro molto, cerco un bilocale. Poi che mi è calata la vista, vedo dei puntini neri qua e là, macchioline che si spostano, come moscerini; una mia amica oculista ha detto che è questione di collagene, quando s’invecchia è normale. Poi mi bussa forte il cuore, a certi orari, e io sobbalzo sulla sedia; ammetto che un po’ mi spavento, mentre leggo o scrivo, però mi ricorda che ci sono; tutto sommato, sono durato anche abbastanza, 28 anni, mica è poco.