La prefazione

Succede che sto lì col libro in mano, lo rigiro, lo guardo a testa in giù, lo stringo, mi faccio vento, striscio una guancia sulle pagine per cercare qualcosa, delle scritte che non ho ancora visto, quelle nelle prime pagine, che quando cominci a leggere non le vedi neanche, e poi il codice a barre, i numerini, le barre sottili e le barre grasse, sono di più quelle sottili o quelle grasse? Chi vince?
E poi niente, lo lascio lì e gli do un’occhiata da in piedi, lui è fermo e io vado via, esco, e per un po’, cinque o sei ore, ragiono con quella testa, col cervello del libro o di quello che l’ha scritto, e non capisco mai se è meglio o peggio, se sono diventato intelligente o più stupido. Poi lo caccio dalla mia testa e passano i giorni e non ci penso più.
Quando torno a casa il libro è ancora lì, con la copertina che viene su, sembra che ti vuol venire in braccio, frigna; ci sono un mucchio di libri nel mondo, ne voglio un altro e invece lui, sul divano, le pagine in silenzio, non si muovono, ma la copertina… Allora lo prendo e lo metto sulla mensola, lo rivolto con la copertina in giù, schiacciata, così sta zitto. Ma delle volte, la sera, dopo mangiato, torno lì alla mensola, in punta di piedi, e guardo se è ancora così, a pancia in giù, se non si è mosso, lo bado, vado a pisciare e poi ritorno, che mi ricordo tutto io, di lui, e invece lui dorme e mi dà le spalle, e se non lo riprendo va a finire che si dimentica di me.
È come con le donne: coi libri ci vai a letto, ci mangi insieme, ci fai dei viaggi, li porti al parco, li accarezzi, li annusi, li tiri contro un muro e ci fai la pace… Me li ricordo tutti i miei libri, quello che era nervoso, quello coi capitoli corti, quello che non finiva mai, quello che andava sempre a capo, insomma sto a sentire i libri come sto a sentire le donne: seduto in un angolino. Che poi anche una donna non è che la stai a sentire solo te, ma anche degli altri: non puoi pretendere di essere l’unico. Se un libro l’ha letto una persona sola vuol dire che non era un gran libro; uguale con le donne: se una è stata solo con te è strano, vuol dire che non aveva tanto mercato.
Però c’è una cosa nei libri che invece le donne non ce l’hanno: la prefazione. Ecco, quella sì che sarebbe utile. Così capisci prima a cosa vai incontro.
O forse è meglio così, senza prefazione?
Se c’è da piangere, alla fine, meglio piangere, se ti senti quella cosa che sale da dentro, che vien su per la gola, se ti senti gli occhi che si gonfiano… Meglio non sapere niente, allora, non sapere mai niente, e ogni volta cominciare una storia, ben venga, come se fosse l’ultima.