Luca Tosi

Quando scrivo, io, penso subito che dopo, magari, ci sarà qualcuno che mi pubblica. Vedo già la pubblicazione, le pagine stampate, e il mio nome, grosso, nel mezzo, in nero, Luca Tosi, che non è un gran nome, per uno scrittore. È corto, suona bene, ma è più un nome da impiegato, o da autista, mi sembra; da uno discreto, che si vede poco in giro, silenzioso, uno sintetico, che non si capisce, non si sa bene chi è, lo vedi e ha gli occhi da un’altra parte.
E quando ho finito di scrivere, dopo che ho scritto quelle due o tre righe, subito mi alzo, prendo il cellulare, e guardo se qualcuno mi ha cercato, una donna, se mi han scritto, su Whatsapp, qualcosina, una mail, un sms… E continuo a guardarci, sto lì, controllo bene, e non scrivo più, dopo, che nella mia testa sono già abbastanza, quelle due o tre righe, e invece i messaggi non sono mai troppi, o le mail.
A me piacciono le cose scritte, i messaggi, starei le ore lì a leggerli, a mandarli…
Da un po’ conosco della gente che è come me, e passiamo le giornate coi messaggi, di continuo, uno dietro l’altro, perché ne abbiam bisogno, raccontarci tutto è bello. Però non combini niente, in un pomeriggio, se hai da fare, degli impegni, è la fine.
Ma sempre meglio di quelli che fanno la dieta del cellulare, adesso, quelli là che si ostinano a tenerlo lontano, e non ti rispondono, gli eremiti, chissà cos’hanno da combattere. Due coglioni… A me piacciono quelle ragazze, in giro, da sole, sedute sulle panchine o nell’erba, al cellulare, che scrivono i messaggi e ridono. Mi fanno stare bene, quando le vedo.
Insomma, mi piacciono le robe scritte, a me, mi piace riceverle e pensare che mi pensano, le donne, che pensano a me, Luca Tosi, quello che scrive, un po’ sintetico, bello, intelligente, che ha scritto quelle due righe che sembrano scritte da uno scrittore; e che quelle due righe, quelle dieci parole, quante sono, precisamente quelle, le poteva scrivere solo lui.
L’Anna, prima, la mia coinquilina, che tra poco si sposa, ha detto che lei, i libri, la sera, non li legge, che non ce la fa. Legge troppo per lavoro, dice, ma Rimini di Tondelli le è piaciuto un sacco, la sua scrittura, dice. Io invece li leggo più che posso, i libri, la sera, e anche la notte, perché la mia scrittura non mi piace. Mi sembra sempre che sia zoppa, un po’ di quello e un po’ di quell’altro, un po’ insipida un po’ salata, un po’ gonfia un po’ stretta, un po’ nuova un po’ vecchia, un po’ bella un po’ brutta, insomma, l’Anna è interessata alla mia scrittura, perché le interesso io, all’Anna, ma la mia scrittura non sono io, è un altro, sono altri.
Sono in tanti, la mia scrittura, mica sono io e basta: a uno gli piacciono le bionde, all’altro le more, a uno quelle con le tette, l’altro guarda solo il culo, a uno gli piacciono i bocchini, all’altro leccare la figa. A uno gli piace l’Anna, all’altro non gli piace.
Però, quand’è la fine, credo, sono io, quello che si alza, adesso, e le vado incontro, all’Anna, con un foglietto, che le ho scritto una poesia, per farle capire… Chissà se capisce.
Fa così:

È un cortile
ogni donna
nel suo cuore.
E io corro lì dentro,
di qua e di là, urlo, rido
mi stendo sull’erba
poi prendo su il pallone
e vado a casa.

L’Anna la legge, poi mi guarda e dice: «Buonanotte, Luca Tosi», io la guardo e dico: «Buonanotte, Anna». L’Anna ripete: «Buonanotte…». Io non ripeto un bel niente, Anna.