Purtroppo

Adesso, come posso raccontarla senza farla lunga, è andata così, che ero in Salaborsa, a scrivere, è cominciata a girare una bibliotecaria, a dire, trequarti d’ora prima dell’orario di chiusura, a quelli ai tavoli, che bisognava prepararsi a uscire, e passa a ripeterlo un’altra volta, e ripassa ancora, in Salaborsa poi ci sono le voci automatiche che avvisano quando chiude, quindi non c’era nessun bisogno di mettere fretta, insomma a una certa ho sbroccato, sono volate delle infamie, fra me e la bibliotecaria, a voce anche alta, degli insulti, solo che, a parte le infamie e gli insulti, io sapevo, e so, di aver ragione in questa vicenda, ed è brutto, io sto meglio quando ho torto, che dopo una ragazza, all’uscita, mi ha detto: “Avevi ragione te”, e io ho risposto: “Purtroppo”.

Secondo me si capisce

Ci ho pensato: le cose impossibili, forse, si riescono a farle quando il corpo spinge così tanto, e bene, che non vede alternative, compromessi, ripieghi, scorciatoie, quando il corpo ha il respiro di una mandria che va in una sola direzione perché altrimenti non può fare. Alternative, compromessi, ripieghi, scorciatoie, le mandrie non li seguono. Si capisce?

Parole

È questione di parole, alla fine, ho capito, in me contano le parole, e quelle che mi son sentito dire, ultimamente, ho capito che non sono parole vere, e neanche buone, in compenso ho rivalutato delle parole passate, grazie a queste parole brutte del presente, e ho fatto pace con una vicenda vecchia, che là le parole erano state sincere, buone, ho capito oggi, e capire l’oggi e il passato in una botta sola, sono contento, mi ha tolto la paura.

Impossibile

Ho trovato casa per aprile, mi sembrava impossibile trovarla, due giorni fa, adesso che l’ho trovata mi sembra impossibile che io l’abbia trovata subito, dopo solo due giorni. Delle volte uno riesce a fare delle cose, non so bene, impossibili, si vede che le cose impossibili si possono fare anche quelle, approfondirò.

Quello che c’è

C’è il vento freddo, questi giorni. Ci sono io che giro a cercare una nuova camera, una nuova casa, un’altra volta, dopo poco più di un anno. C’è il mio romanzo prenotabile su internet. C’è che un gruppo di donne mi ha fermato per fotografarle, sorridevano, mi hanno fatto sorridere, erano le sette di sera e mi sono accorto che era il mio primo sorriso del giorno. C’è una canzone dei Verdena che si chiama Inno del perdersi. C’è che ho bisogno di camminare e stancarmi molto, non tenere i piedi fissi in un posto. Quello che c’è è qui. Quello che non c’è, non c’è.

Seguire

Mentre camminavo, ieri, o sabato, non mi ricordo adesso, mi ricordo che ho pensato: non è mica facile andare col cuore, nelle cose, e non perché non è facile da un punto di vista, come dire, logistico, ma perché, cioè, se uno segue la logistica sta meno male, sempre, invece se uno segue il cuore, si sta più male, a seguire il cuore. Si capisce?

Centouno primi appuntamenti

Son tornato dai colli Euganei, stanco, ieri sera, ho pensato: vado all’osteria che lì si sta in pace. Invece no. Due, sui trentacinque, trentotto anni. Dei discorsi. Lei: «Come lo intitoleresti il libro delle tue relazioni sentimentali?». Lui: «Disagio mentale». Lei: «Io centouno primi appuntamenti». Dopo, sono partiti a raccontarsi i loro trascorsi. Delle robe. Ed erano vestiti, questi due, come due che si voglion vestire bene, fini, a trentacinque, trentotto anni, ma non gli riesce, di essere fini. Io, a trentacinque, trentotto anni messo così, giuro, non ci voglio arrivare. Vergogna.

L’idea

Sono andato ai colli Euganei con l’idea di camminare per sentieri, non ho camminato, per sentieri. Ho camminato per le strade asfaltate e mi è piaciuto moltissimo.