In un bar di Roma

In un bar di Roma, venerdì sera, parlando con la barista, mi sono reso conto di come io, il mio accento, non lo cambierei con nessun altro al mondo, che solo a pensare di parlare in romano, come lei, per dire, mi si accartoccia la faccia. Mi è piaciuto molto rispondere col mio accento all’accento di quella barista, venerdì sera in un bar di Roma.

Colpevole

Io, mi capita, delle volte, che sento parlare qualcuno che dopo penso: ma possibile che di tutto quel che c’è da parlare, questo qui debba parlare di quello di cui sta parlando, e in questo suo modo che usa di parlare? In pratica, mi capita di sentirmi colpevole per quello di cui parlano gli altri e i loro modi, che non capisco mai perché mi sento così, colpevole, ma è così.

Cuore

Sul treno, domenica mattina, quand’è stata ora di scendere, mi son accorto che c’era un cuore, disegnato sul vetro alla mia destra. Son stato contento di vederlo, quel cuore. Però sarebbe stato meglio se l’avessi visto prima, quando mi ero seduto, appena salito sul treno, che alla fine. Avrei avuto più conforto, come dire. Però è andata bene lo stesso, anche col cuore alla fine.

Bastoni

Mi ero detto, a capodanno, che il 2022 sarebbe stato un anno buono, per far andare le cose bene. Sono venuti così tanti bastoni fra le ruote, in questi primi quaranta giorni, che secondo me è un test, come dire, dell’universo, per misurare se davvero ho un’intenzione forte. Ce l’ho. Sono pronto ad altri bastoni. Vediamo chi la spunta.

Il bene

In questi giorni, che mi sono riempito la testa, e quindi il corpo, di schifo, e adesso lo sto pagando, e male, ho capito due cose. Uno, che degli amici come li ho io, non ce li ha nessuno, che saremo i più sgangherati, però siamo ancora capaci di parlare, e non ce la raccontiamo, i fondi li tocchiamo, e le stronzate, i veleni, le parrucconate, li lasciamo agli altri, che è anche per questo che saremo sgangherati, però, noi, o così o niente. E due, che forse sono un po’ capace, io, di stare a scuola, che mi riesce, e che stamattina una bimba, Isabel, si chiama, terza elementare, mi ha dato un abbraccio, che per un momento ho pensato che sì, sto male, ma il bene, intorno, e in me, c’è, e continuerà a esserci.

Volare

Sono entrato nella drogheria, stamattina, “Ciao maestro” gli ho detto, al pakistano. “Ciao eminenza” ha detto lui, poi ha aggiunto: “Come andiamo?”. Io gli ho risposto, in pratica, che ho dei problemi sentimentali, e lui, dopo un discorso dei suoi, lungo, alla fine ha chiuso così: “Coi sentimenti ci devi volare. Non ti ci devi aggrappare”. “Grazie, maestro” ho detto io, e sono uscito.

O niente

Ero in piadineria, in coda, e c’era una ragazza, davanti, che dopo aver ordinato ha cominciato a indietreggiare, e quando si è girata, che mi era quasi addosso, ho detto: “Occhio”. Lei ha detto: “Oh scusa”, e si è aggrappata alle mie braccia, e le ha strette, in un modo strano, che io ho pensato: ma cos’hai da stringere? Che stringi stringi, secondo me, in me c’è poco. O niente.

Gli dei

C’è una poesia, Il cuore che ride, di Bukowski, che alla fine dice: “La tua vita è la tua vita. Sappilo finché ce l’hai. Tu sei meraviglioso. Gli dei aspettano di compiacersi in te.” Mi sembra vera, più di una verità scientifica, come dire.

Bisogna tuffarsi

Per stare a galla bisogna imparare a nuotare. Per imparare a nuotare bisogna tuffarsi. Per imparare a tuffarsi bisogna tuffarsi. Bisogna tuffarsi.

In pace

Ieri, una mia amica, al telefono, mentre parlavamo, mi ha detto: «Sai che sono al pronto soccorso?». E io le ho chiesto: «Perché sei al pronto soccorso?». «Per passare una domenica in pace» ha detto lei. Siamo in parecchi, ho pensato, che non stiamo mica tanto bene, ultimamente.