Ragazzini per strada

È un po’ di tempo che mi piace stare nei parchi, ovunque mi trovi. Adesso che sono tornato dai miei, per un po’, c’è il mio amico cinesino che tutte le volte che passo dal parco, lui è lì, e urla e mi corre incontro con le mani in alto. Ride sempre, anche se non ha i denti davanti. Parliamo molto. In un anno ha imparato l’italiano, ma a volte proprio non lo capisco, lui ripete e ripete, io non capisco, e lui ci rinuncia e cambia discorso.
Ha compiuto 7 anni. Secondo lui io ne ho 8, non di più. Vuole sempre che mi metto a leggere sulla panchina vicino allo scivolo, così lui intanto fa lo scivolo, e poi l’altalena. Io faccio come vuole lui, ma poi non gli basta, vuole che gli spingo l’altalena e che salgo sullo scivolo in piedi. Gli piace quando lo faccio, perché lo scivolo è di ferro e rimbomba sotto i miei piedi.
«Basta lege», dice. Vuol dire basta leggere.
«Spige!». Vuol dire spingi l’altalena.
Io spingo forte e lui si caga in mano. L’altro ieri si è rasato i capelli. La scuola è finita, quindi è contento. Mi chiede sempre che scuola faccio io, perché mi porto lo zaino dappertutto. «Dov’è la tua scuola?». Io gli dico che è lontana. Lui dice: «Lontana come la Cina?». Io dico: «Più o meno, sì, come la Cina».
Due cose gli ho insegnato. Uno: le scoregge con le mani, ma ancora non gli vengono, però si applica. Sono sicuro che un giorno gli riusciranno alla perfezione. Due: il gioco del dito rotto, ma è lungo da spiegare, metto la foto. Quello già gli viene.
Oltre che al parco, lo incontro quando esco di casa, e lui è lì in fondo alle scale, esce per primo e mi chiude il portone in faccia. Oppure lo rivedo quando torno, la sera, che mi spara col Superliquidator dal terrazzo.
Gioca anche coi bambini italiani, tutti lì coi genitori… Lui invece è sempre da solo. Non so, vi siete accorti che di bambini italiani, in giro da soli, non ce ne sono più? Ci sono solo i cinesini, i marocchini, solo i bambini stranieri girano da soli. I bambini italiani stanno sempre con le mamme e i babbi a rimorchio, le babysitter, i nonni. Un mortorio, una roba invivibile. C’è una canzone di Jovanotti, che dice benissimo questa cosa, si chiama Ragazzini per strada, bellissima, e tutte le volte che l’ascolto mi viene in mente lui, il cinesino, e mi vengo in mente anch’io.
Un giorno ci siamo messi a inseguire una farfalla, e quando le siamo arrivati vicini, lui ha detto che non si poteva toccare, perché le farfalle bisogna lasciare che volino. Gliel’aveva insegnato sua mamma, ha detto.
Proprio sul più bello, adesso che siamo amici, dice che domani va in Cina, lui. «Ma come vai in Cina?», gli ho detto. Lui ha detto che ci va per 21 giorni, e poi per 5 giorni, non ho capito. Io gli ho detto che dopo le farfalle le uccido tutte, se lui va via. Lui si è messo a ridere. Avevo l’Autan in tasca e gliel’ho spruzzato sulla testa rasata, e lui si è sbatacchiato la faccia, poi ha unito le mani, se le è messe vicine all’orecchio e le ha schiacciate come si deve, ed è uscita una scoreggina, minuscola, ma ottima. La sua prima scoreggia con le mani.
Probabilmente sta insegnando il trucco ai suoi parenti, là, in Cina, adesso. Farà scalpore. Io invece son rimasto qui, al parco, con le mani in mano, non ho voglia di niente. Quando non c’è nessuno salgo sullo scivolo, vado un po’ sull’altalena, più forte che posso, e ogni tanto faccio un giro vicino alle siepi, in basso, e cerco le farfalle, ma possibile? Sono sparite anche quelle.