Scompensi del Chakra

Stamattina mi sono svegliato male male male, e la prima cosa che ho fatto, la prima, è stata andare in salotto, al mio tavolo, mio per l’ultimo giorno, e buttare nel bidone le monetine che avevo accumulato lì da mesi. Le ho fatte scivolare dentro il bidone con la mano, come si fa con le briciole, e le monetine, cadendo, sono risuonate forte. Sembrava grandine. Mi è venuta una gran risata, da sotto il petto, una roba disperata, proprio, che mi ha preso tutta la faccia, e mi son ritrovato così, col bidone in mano, nel silenzio.
Dovevo fare le valigie. Una valigia e cinque borse. Svuotare la casa. Ho portato via anche la lampada di sale che avevo comprato a gennaio, quand’era freddo e cercavo una cosa calda da mettere nel buio. Ho raccolto i miei panni, ho lavato i piatti di ieri, ho buttato tutto nelle borse senza mai fermarmi. Ma verso la fine, purtroppo, mentre controllavo di non aver lasciato niente, ho fatto un giro per casa.
Sotto il mio petto quella risata non c’era più, anzi, adesso c’era un vuoto enorme. Allora mi son seduto sulla sedia, al mio tavolo, dove mi metto sempre a scrivere, da cinque mesi, e ho pensato che non avrei più scritto, su quella sedia e su quel tavolo, mai più. Poi sono andato in bagno e ho pisciato, e ho pensato che non avrei più pisciato in quel bagno. Poi ho guardato il mio letto e ho pensato che non avrei più dormito in quel letto. Poi ho preso su tutto e sono uscito dalla porta con la mia bicicletta.
Ma sono rientrato in casa, dovevo lasciare le chiavi. Le ho lasciate sul mio tavolo. Vuoto. Non era mai stato così vuoto. Fino a prima c’erano tutti i miei libri, lì, le gallette di mais, l’Uliveto, la scatolina con lo zenzero, le mandorle, e le monetine. Vuoto.
Ho aperto il frigo, ed era vuoto anche quello, benissimo, tranne una cosa, però: in basso, nell’ultimo ripiano, in fondo, c’erano gli gnocchi di patate della Pam. Li avevo messi lì apposta, per dimenticarmeli, cazzo, perché volevo che restassero lì, quando sarei andato via, gli gnocchi. Ho chiuso il frigo con cattiveria. Sono andato alla finestra per respirare, e ho guardato il bar che ho sotto casa, che non lo rivedrò più, e ho guardato proprio la finestra, il vetro, che è ancora pieno di bacini stampati, che quest’inverno mi piaceva alitarci e baciarlo, ne facevo uno al giorno, uno per tutti i giorni, e stavo meglio, senza buchi dentro. Ero tutt’uno, io, qui dentro.
Invece questo buco sotto il petto, adesso, è pesantissimo, e non mi passa. L’avevo avuto a gennaio, sempre, boh, ma poi l’avevo riempito, avevo comprato la lampada di sale, facevo yoga, davo i baci al vetro, e mi ero dimenticato di lui.
Allora, prima di partire in bici, con tutte le borse in spalla, ho telefonato a una mia amica, una che mi aiuta, si chiama Violante, ci aiutiamo, lei ne sa in generale, sia di me che del resto, così le ho chiesto come si fa a riempire questo buco. Lei mi ha detto che il buco è colpa degli SCOMPENSI DEL CHAKRA che ho adesso. Mi ha spiegato che ci sono sia scompensi che lacerazioni dell’aura, si sentono anche al tatto, che lo yoga aiuta e che esistono delle tecniche precise, spiegate in certi libri, ma lei pensa che per queste cose servano dei maestri, o PERSONE SENSATE.
Su sé stessa, dice, quando le capita il buco, i libri non funzionano mica, funziona solo la risonanza, cioè stare con qualcuno di sano, prendere la sua vibrazione e via. Quando si blocca l’energia o c’è un calo, mi ha detto, si creano rispettivamente una depressione e una lacerazione. Buco nell’aura = epistassi energetica.
«Più che altro, credo che sia un accorgersi che non è tutto come crediamo noi», mi ha detto.
Ci ho pensato su. Probabilmente si riferiva agli gnocchi. La verità è che io valgo meno di quegli gnocchi, chiusi in frigo (marcite lì dentro), e degli gnocchi in generale, ‘fanculo.
Alla fine ho lasciato la mia casa, e non ci tornerò più. Siamo io e il buco, adesso. È lui che abita dentro di me, e sarò io che fra qualche tempo, se trovo il modo, magari, ci sarà da patire, lo costringerò a prender su le sue cose, a far le valigie e a uscire da questo petto, che io non sono la casa di nessuno.
Fino ad allora, non si sa. Non le avevo contate, le monetine. Non le avevo contate.