Scrivere non ha scritto niente

Dico: «Forse prima, fino a un certo punto della sua vita, si aspettava qualcosa che poi non…»
Lei mi interrompe, calma: «No, lui non aspettava. Prima viveva, era vivo dentro. Poi… Vede, questo capita a tutti, a un dato momento, solo che lui è invecchiato precocemente. Oggi molte cose a me sembrano inutili, mentre una volta era diverso. Anche cose piccole: una fodera nuova per la poltrona su cui lei è seduto ci vorrebbe. Merita ancora che io la compri?… Per lui tutto questo doveva essere accaduto molto prima, perché è invecchiato prima, e perché era molto intelligente. Lui ha capito di sé… che tutto è niente, ha capito che alla fine non avrebbe lasciato nemmeno una traccia. Niente. Scrivere non ha scritto niente. Oh sì, io ho quei tre libretti. Non servono a nulla. Se fossero stati pubblicati mentre era vivo, non si sarebbe più fatto vedere in giro, non sarebbe più uscito di casa. L’unica cosa che resta di lui sono gli amici che gli hanno voluto bene, e nei quali lui esiste ancora, come in me».

da Lo stadio di Wimbledon
di Daniele Del Giudice
(Einaudi, 1983)